mercoledì 22 aprile 2020

Quarantena, tempo sospeso e fuga dal mondo

La lettura dell'articolo che segue induce delle riflessioni e la necessità di elaborare razionalmente il vissuto di questo tempo sospeso. 


Tra gli effetti collaterali, imprevedibili, della situazione che stiamo vivendo, c'è anche questo: sono in molti ad aver ricostruito la propria quotidianità, scandita ora da tempi lenti e senza le rigidità tipiche degli appuntamenti obbligati. Sono in molti a vivere la sensazione di aver improvvisamente recuperato il proprio tempo, da impiegare e gestire lentamente e senza ansie, riassaporando addirittura una strana sensazione di libertà perduta (per assurdo, ci si può sentire più liberi dentro quattro mura che vincolati ai doveri e rituali sociali non contrattabili della "normale" quotidianità). È un po' come quando, dopo le ferie estive, si deve tornare alla routine di tutti i giorni. C'è quell'iniziale difficoltà a riprendere il proprio posto nella frenetica arena della competizione e della corsa quotidiana alla produttività, al consumo, ai rituali imposti ad una collettività protesa verso un'omologante concezione e prassi del vivere, che non si può e non si deve mettere in discussione, pena la "scomunica" dalle magnifiche sorti e progressive dello stile di vita occidentale, che esalta valori che non è lecito discutere e ai quali sottrarsi è un'eresia. 
Per fare un parallelo storico apparentemente un pò forzato ma non del tutto peregrino, è un pò come la fuga dal mondo dei monaci laici che, a più ondate, caratterizzò le fasi più significative del Medioevo. Oggi la "fuga dal mondo" è stata imposta da questa emergenza, e alcuni hanno potuto assaporare il gusto imprevisto di un ritmo più lento e svincolato dagli imperativi e dai dogmi del "secolo". Quei monaci del Medioevo, provvidenzialmente, facevano sempre il loro ingresso nella storia nei momenti di crisi, per "rigenerare" la spiritualità, la società e la politica (che erano tutt'uno) del loro tempo. Riusciranno oggi, i nuovi "monaci" della forzata, imprevista e momentanea fuga dal "secolo", a rigenerare una società istericamente protesa all'esaltazione degli unici valori imposti, quelli della produzione, del consumo, dell'individualismo e del tecnologismo che tutto pervade e tutto assoggetta a sé? Ai posteri l'ardua sentenza, l'unica considerazione che possiamo fare è che occorre sempre guardare alle leggi (o potremmo dire alle "costanti") storiche, le quali dimostrano che i cambiamenti avvengono soltanto quando i tempi sono maturi, quando il terreno è stato loro preparato dalle "invisibili" forze dinamiche che agiscono nella storia, quando gli uomini sono pronti a recepire i cambiamenti, a farli propri e ad imporli alle sovrastrutture, facendone emergere la necessità a lungo repressa e sopita.
 

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