lunedì 13 aprile 2020

Le migrazioni: fenomeno costante di ogni epoca umana e motore dello sviluppo storico

Quello delle migrazioni è un tema spinoso, che evoca paure, conflitti e forti contrapposizioni politiche. Ma se proviamo ad affrontarlo con riflessioni pacate, sgomberando l'animo dalle passioni che scaturiscono dagli istinti di conservazione che il tema stesso evoca su ciascuno di noi, e gettiamo infine uno sguardo attento verso quello che ci mostra la storia, vediamo che essa, a riguardo, ci dice che non esiste epoca nella storia dell'uomo dove non vi siano state migrazioni, e che il costante afflusso di popolazioni e migranti se nel breve termine ha generato guerre e conflitti, nel medio-lungo termine ha rappresentato il motore stesso del progresso e dello sviluppo della civiltà umana, in ogni epoca. Infatti vediamo che, durante tutto l'arco storico, e persino dalla preistoria (ma è meglio ancora spingersi fino al tempo stesso in cui l'uomo è comparso sulla Terra), è stato tutto un susseguirsi incessante di migrazioni, senza interruzione di sorta. L'Homo sapiens (e ancora prima i suoi progenitori) si spostò dal continente africano e colonizzò Europa, Asia e resto della Pangea.
Nel secondo millennio avanti Cristo le popolazioni indoeuropee colonizzarono l'Europa e l'Italia, e quelle semite il Medioriente e l'Egitto. Durante l'Impero romano le popolazioni germaniche premettero incessantemente da est, e alla fine si riversarono entro i suoi confini, dando vita ai regni romano-barbarici e poi al regno Franco e al Sacro Romano Impero. Prima dell'anno mille continuarono ad affluire in Europa Avari, Slavi e Magiari (di stirpe mongola), che andarono poi a formare gli stati dell'Europa centrale ed orientale. Nel XIV e XV secolo i tedeschi si espandevano ad est e colonizzavano le regioni centro-orientali del continente. Tutta la storia non è altro che una successione continua di migrazioni e mescolamenti di genti (e di geni). Nel nostro meridione si sono mescolate, nello stesso periodo, genti bizantine, arabe, normanne, sveve e più tardi albanesi. Prima ancora c'erano stati i Longobardi di stirpe germanica che si erano insediati al nord e nei ducati di Spoleto e Benevento. In Inghilterra si sono fusi Celti, Angli, Sassoni, Vichinghi, Norvegesi, Danesi e Normanni. Niente e nessuno ha mai fermato le migrazioni di popoli e genti, forze dinamiche e costanti che hanno agito nella storia dispiegandosi di continuo ed agendo costantemente lungo il flusso dei secoli e dei millenni, concorrendo, insieme ai conflitti e le guerre, a caratterizzare ogni epoca dello sviluppo delle società umane. I momenti in cui le civiltà hanno prosperato di più, è quando al loro interno si sono fuse tra loro le popolazioni più diverse, come nella Sicilia normanna di Ruggero II d'Altavilla e in quella appena successiva di Federico II di Svevia, dove si erano fuse e vivevano insieme le culture e le popolazioni arabe, musulmane, cristiane, normanne, germaniche e ovviamente quelle autoctone dell'isola. Lo stesso era accaduto durante l'Impero romano, che all'apice della sua potenza aveva al suo vertice imperatori spagnoli (Traiano) e arabi (Filippo l'Arabo) che regnavano su un Orbe il cui centro nevralgico era nel bacino del Mediterraneo, dove sotto la guida dello stesso influsso universale operavano le forze scaturite da popolazioni romane, greche, egiziane, nordafricane, mediorientali e germaniche. Anche gli Stati Uniti sono diventati una potenza mondiale grazie all'apporto e al contributo delle più disparate popolazioni d'Europa, del sud America e dell'Africa, che condividono gli stessi principi e valori e si riconoscono nella stessa idea di patria, sotto la stessa bandiera.

La vita dei singoli uomini è breve, e non permette loro di osservare l'azione lunga delle forze dinamiche che agiscono incisivamente lungo tutto il corso della storia. E tali forze sono state e sono ancora continuamente alimentate dall'apporto continuo e dallo spostamento incessante di popoli e genti che migrano e si mescolano con quelle delle terre che di volta in volta attraggono i flussi migratori. Al contrario, quando le civiltà si sono chiuse ermeticamente in sé stesse, chiudendosi ad ogni influsso nuovo e cristalizzando l'esistente rendendolo impermeabile ad ogni apporto culturale esterno, come ad esempio l'Egitto prima della conquista macedone, le civiltà hanno perso energia, forza e alla fine si sono spente, finendo per essere conquistate da popolazioni più energiche e giovani.
Quale insegnamento possiamo quindi trarre da tutto ciò, se davvero la storia può insegnarci qualcosa? Che l'integrazione e la fusione che scaturisce dai processi migratori è non soltanto possibile, ma è persino il motore stesso dello sviluppo storico e del progresso che ne deriva. Che i conflitti che da questi processi scaturiscono nel breve termine, non cambiano le sorti e gli esiti mostrati dagli effetti prodotti nella storia sul medio-lungo termine. Nel breve si inaspriscono i rapporti umani e aumentano spesso la violenza, la sofferenza e le morti. Ma le civiltà più progredite e feconde di un'energia ancora viva, alla fine assorbono e si impongono sempre su quelle in partenza meno evolute, attraverso un processo di assimilazione spontanea e priva di scosse violente (la fase violenta è all'inizio, nel momento in cui le migrazioni arrivano. L'assimilazione è una fase più lenta, ma comunque rapida rispetto ai tempi lunghi della storia, e comunque è una fase spontanea e sostanzialmente non violenta, anche quando sussistono conflitti residui contingenti).
Tra qualche generazione i conflitti attuali provocati dai processi migratori di questa nostra fase storica, saranno soltanto un ricordo, perché nel frattempo sarà nata una società nuova dove i figli dei migranti di oggi avranno assorbito e assimilato i valori della civiltà che aveva attratto e dove erano approdati i loro genitori, ed opereranno spontaneamente all'interno della stessa per accrescerne potenza, influenza e gloria, com'è accaduto in ogni altra epoca della storia, in rapporto dialettico con le altre civiltà del pianeta, oggi più che mai collegate da una rete di relazioni fitta ed intricata, in analogia con le sinapsi di un sistema neurale che concorrono tutte insieme allo sviluppo e ai processi dinamici dell'organismo che governano.
 

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